Le Mura Dionigiane

Le mura dionigiane o mura di Dionisio, sono una cinta muraria fatta costruire dal tiranno Dionisio I di Siracusa tra il 402 a.C. e il 397 a.C. per fortificare il pianoro dell'Epipoli di Siracusa ancora privo di fortificazioni, permettendo in questo modo di mantenere il più ampio controllo della città anche sotto assedio. Le mura cingevano completamente l'antica città di Siracusa per un perimetro di ben 21 km (27 se si contano anche quelle presenti in Ortigia) e si riunivano nel punto più alto in corrispondenza del Castello Eurialo. Le mura sono da considerarsi le più estese del Mondo Classico, superando persino le Mura Aureliane di Roma.[1]

 

Costruite sull'altopiano dell'Epipoli esse sfruttavano le pendenze naturali della zona, offrendo un'ampia vista sulla città permettendo l'avvistamento di qualsiasi minaccia nemica. Le mura costeggiavano il mare da nord sino a Ortigia, mentre da sud arrivavano al porto grande virando nei pressi dell'attuale Cimitero Comunale.
Le mura sono costruite con rocce calcaree estratte dalle vicine cave di pietra che sorgono numerose accanto al percorso di recinzione. Le mura furono già utili durante le guerre contro la città di Cartagine, che assediò Siracusa nel 397 a.C. e furono a lungo un ostacolo per i Romani. Il matematico Archimede avrebbe difeso la sua città bruciando le navi romane con i famosi specchi ustori. La città poi, venne conquistata ugualmente nel 212 a.C., due secoli dopo la costruzione del Castello Eurialo. Con la conquista romana, le mura vennero rafforzate rendendo ancora più inespugnabile la città aretusea, che da città culturale divenne una vera e propria roccaforte militare che l'Impero Romano teneva molto in considerazione. Dopo l'Impero Romano, con i BizantiniArabiNormanniSvevi e così via, le mura iniziarono ad essere demolite per prelevare blocchi di pietra usati per costruire i nuovi edifici. Con il terremoto del 1693 le mura dionigiane crollarono del tutto e vennero solo riscoperte durante gli scavi condotti dall'archeologo Paolo Orsi. A causa della loro importanza storica e architettonica rientrano tra le opere importanti menzionate dall'UNESCO a Siracusa.

Le porte urbiche

Porta Scea

Le mura dionigiane avevano diverse porte di accesso alla città. Alcune di esse risultano essere ancora leggibili soprattutto nella zona settentrionale della città. Una porta è ben visibile nei pressi del castello Eurialo sul versante nord detta Trypilon, una seconda si erge sul versante sud dove si trova l'odierno viale Epipoli. Nella zona di Scala Greca è presente la Porta Scea, mentre l'Exapilon pur non essendo più leggibile dovrebbe corrispondere all'asse viario di Siracusa nord in direzione di Targia. Una porta urbica è inoltre presente a Ortigia (nell'attuale scavo di via XX Settembre) e consentiva l'accesso tra la Neapolis e la fortezza di Ortigia.

Numeri delle mura

Torre di avvistamento

Alla base il loro spessore era variabile tra i 3,3 m e i 5,35 m, e alte diversi metri[2]. Le torri conosciute ammontavano a 14, la più grande di esse misurava 8,5 x 8,5 m. Per la costruzione dell'intera cinta muraria secondo Diodoro Siculo furono impiegati 70.000 schiavi e 6.000 buoi divisi in squadre di 200, con un ritmo di riempimento di 300 tonnellate al giorno di blocchi.

«Intanto considerando, che nella guerra ateniese Siracusa era stata cinta con buone fortificazioni dall'un mare all'altro, gli venne paura di potersi trovare nel pericolo in addietro toccatogli, e vedersi in tutto esclusa l'uscita alla campagna. E poiché comprendeva, che la situazione nell'Epipoli era opportunissima per far fronte a Siracusa, chiamati a sé architetti, secondo il giudizio loro pensò di fortificare l'Epipoli dove era il muro presso l'Exapilon; perciocché codesto luogo volto a settentrione e scosceso tutto, e all'esterno per l'asperità inaccessibile, volendo adunque al più presto fare quel lavoro, da ogni parte della campagna radunò gran turba, da cui scelse 60.000 dei più capaci cittadini, e li distribuì opportunamente secondo l'opera che ognuno doveva prestare. Quindi mise un architetto per ogni stadio di terreno, che aveva sì da fortificare, e un capomastro per ogni plettro, e ad ognuno di questi assegnò tolti dalla plebe 200 operai. Oltre questi v'era un gran numero di uomini, che dovevano tagliare le pietre; e 6000 paia di buoi destinò per i trasporti in opportune stazioni. Tanta moltitudine di operai metteva meraviglia in chi li considerava, mentre d'altronde ognuno si faceva sollecito di eseguire il lavoro commessogli. Dionigi poi, perché da tutti vi si procedesse di buon animo, promesso aveva agli architetti, e ai capimastri, e agli operai notabili premi; ed egli con gli amici suoi andava ogni giorno a vedere i lavori, scorrendo dappertutto, e confortando, mutando gli stanchi; ed anzi dimessa la maestà del comando, e figurando come semplice privato, in ogni più grave opera si prestava capo, e maestro, e sosteneva con tutti gli altri le fatiche, e le scomodità. Il che faceva, che a gara ognuno s'adoperasse, cosicché alcuni dopo avere affaticato tutto il giorno, continuavano ancora in molta parte della notte: tanta era la smania della moltitudine di vedere compiuta l'opera. E ciò fece, che contro quanto si era sperato, o creduto, nello spazio di venti giorni il muro fosse compiuto, la cui lunghezza estendeva sia a 30 stadi, e l'altezza era a tal proporzione, che per la solidità sua poteva resistere a qualunque forza, che il volesse combattere, perciò vi si erano interposte assai vicine le une alle altre altissime torri, e si era costruito con sassi larghi ed alti quattro piedi, con bell'artifizio collegati insieme.»

 

Fonte: Wikipedia